In un precedente post decantavo l’importanza della scelta di buoni contenuti per gli articoli del proprio blog o del proprio sito internet. Siamo unanimemente d’accordo che un post privo di argomenti interessanti, interrompe la lettura ancor prima di cominciarla.
Se c’è una cosa che mi disturba ancor più di un articolo poco interessante però, è un articolo scritto male, dove per scritto male intendo pieno di errori ortografici e grammaticali, abbreviazioni improbabili, con un utilizzo funambolico di verbi e sintatticamente incoerente.
Si sa che la lingua italiana, pur bella, armoniosa e piena di sfumature, può essere anche un po’ infida e l’errore, pertanto, è sempre dietro l’angolo. Io stessa, prima di pubblicare un articolo, ma anche semplicemente prima di inviare un sms, controllo sempre quello che ho scritto, perché verba volant, ma scripta manent e l’errore grammaticale può rimanersene lì, indelebile come un tatuaggio fatto in gioventù, ma che ora non vi piace più.
È chiaro che con questo post non voglio ergermi a consulente supremo dell’Accademia della Crusca, perché anche io non mi esimo dal rischio continuo di cadere nel misfatto ortografico o grammaticale. Voglio però dare qualche consiglio utile sull’arte di scrivere in maniera corretta (e sulla sua importanza) e fare una panoramica sugli errori più comuni e anche più fastidiosi nei quali ci si può imbattere.
C’è da sapere che un errore grammaticale può inficiare negativamente sulla propria credibilità (sul Web e non). Un errore, infatti, può essere considerato agli occhi di molti come uno scarso impegno e una bassa cura di quello che si fa. Un articolo molto interessante spiega in maniera approfondita questo aspetto e rende più chiara l‘importanza di un corretto uso della lingua.
Per un avvaloramento ulteriore del ruolo del corretto uso della lingua italiana, ho rielaborato la formula delle tre A: accuratezza, autorevolezza, autore. Gli errori fatti nella scrittura incidono inevitabilmente su queste tre A.
Accuratezza: si parla di quegli errori presenti su un lavoro che poteva essere ben fatto, ma che in realtà non lo è stato. Questi refusi evocano l’impressione che quello che fate non assorba tutto il vostro impegno e la vostra dedizione e questo è un male, specialmente se con il vostro sito o il vostro blog vi accingete ad offrire un prodotto o un servizio. Vi affidereste a qualcuno che svolge la propria attività in maniera approssimativa e poco curata?
Autorevolezza: un testo scritto bene denota una maggiore autorevolezza rispetto ad uno scritto male. Un paragone potrebbe essere fatto prendendo ad esempio un oratore che, mentre declama il suo discorso, risulta poco convinto e titubante. Nel mondo degli affari le titubanze non esistono, ergo i vostri testi non devono essere titubanti o presi sotto gamba.
Autore: il vostro testo parla di voi, anche se affrontate un argomento che con voi stessi non c’entra. Talvolta può essere un biglietto da visita e una prima presentazione del proprio lavoro, pertanto deve essere impeccabile. Non so voi, ma quando io leggo un articolo pieno di strafalcioni, ai miei occhi lo scrittore viene un po’ denigrato. È come se il vostro amato o la vostra amata vi scrivesse una lettera di questo tipo: “q’anto ti o amato”. Va bene che l’amore è cieco, ma quando è troppo è troppo!
Ma vediamo adesso più nel dettaglio questi orrori grammaticali che farebbero rivoltare nella tomba il buon Alessandro Manzoni.
Partiamo dagli accenti: qui e qua non vanno mai accentati e nemmeno la terza persona singolare di verbi come fare o stare. Soltanto nel caso in cui si voglia formare un imperativo, si mette l’apostrofo: sta’ fermo, fa’ la cosa giusta, di’ la verità…
Passiamo ad un e un’: l’apostrofo si mette solo al femminile. Un amico e un’arancia.
Qual non si apostrofa, nemmeno di fronte ai nomi femminili perché si tratta di troncamento e non di elisione. Si scrive quindi qual è e non qual’è.
Le abbreviazioni con la K non sono un errore grammaticale, ma ortografico. Perkè? Kos’è? Ki, kosa, ke… Sono brutture inguardabili, adatte (ma nemmeno più di tanto) ai libri e ai film di Moccia e inconcepibili in articoli, temi, comunicati… In più quanto sarà mai il tempo risparmiato scrivendo con la k, invece che con il buon vecchio ch?
Il congiuntivo meriterebbe un capitolo a parte visto quanto è stato bistrattato nel corso dei tempi e dovrebbe essere promossa una campagna per evitarne l’inesorabile scomparsa. Su Facebook esiste un divertentissimo gruppo che si chiama “Il Congiuntivo non è una malattia degli occhi”, per sottolineare quanto questa forma verbale stia cadendo in disuso. Vi lascio questo link dell’Accademia della Crusca che esplica in maniera esaustiva quando e come il congiuntivo debba essere utilizzato.
Questi sono soltanto alcuni esempi di maltrattamento della gloriosa lingua italiana, ma confido di ampliare periodicamente questa sezione con altri contributi, magari provenienti anche da voi. Quali sono gli errori che vi urta maggiormente leggere o ascoltare? Quali sono i segreti per scrivere correttamente?
Lasciate il vostro segno e ditecelo! #marketingbeyondlimits
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