Gli effetti dello smartphone sul cervello: i risultati.
Un team di ricercatori americani ha lanciato l’allarme sull’utilizzo smodato degli smartphone. In quanto l’eccessiva dipendenza da questi dispositivi creerebbe squilibri nel cervello dei giovani paragonabili a quelli delle persone affette da depressione e ansia.
A questa nuova forma di dipendenza è stato dato un nome: nomofobia.
Acronimo dell’inglese “no mobile phone phobia”.
Con questo termine è stata classificata questa patologia moderna, che condensa in se ansia, stress e addirittura attacchi di panico; derivati da un uso esagerato di questi dispositivi elettronici da cui alcune persone non riescono proprio a separarsi.
Questa “patologia” tipica dei nostri tempi si manifesta proprio quando per qualche motivo rimaniamo senza smartphone; non c’è campo oppure la batteria è completamente scarica; e quindi è impossibile ricevere notifiche e controllare se sono arrivati nuovi sms o messaggi in chat.
A livello fisico questa nuova forma di dipendenza scaturisce da un malfunzionamento della dopamina, il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa, inducendoci a compiere un’azione per avere in cambio un premio.
La persona affetta dalla patologia non riesce ad esimersi da controllare continuamente quando arriverà una nuova notifica. Poiché considera i messaggi come un premio che desidera ricevere.
Tutto questo può comportare successivamente calo dell’attenzione, oltre allo scarso interesse per le attività quotidiane e i rapporti nel mondo reale.
Infatti negli ultimi tempi notiamo tristemente che soprattutto i giovani sono sempre più intenti a giocare e interagire con i propri strumenti digitali piuttosto che con le persone.
Ma quali sono le conseguenze sul cervello, a lungo andare, dovute a questa abitudine?
Un team dell’Università della Corea ha provato a rispondere a questa domanda. Effettuando a Seul una ricerca e presentandone i risultati dell’esperimento all’incontro annuale della Radiological Society of North America (RSNA).
Sono stati coinvolti 19 giovani (di un’età media di 15 anni) con diagnosi di dipendenza da internet o smartphone; e un gruppo di controllo composto da 19 giovani sani.
Per misurare la gravità della dipendenza dagli strumenti tecnologici i ricercatori hanno utilizzato test standardizzati, che comprendevano domande basate sul modo in cui l’uso di Internet e smartphone influisce sulla routine quotidiana; sulla vita sociale; sulla produttività; sui modelli di sonno e sui sentimenti.
Lo studio del cervello è stato invece effettuato sottoponendo i soggetti a spettroscopia a risonanza magnetica (MRS); un tipo di risonanza che misura la composizione chimica del cervello.
Si è constatato che i giovani dipendenti dagli strumenti tecnologici avevano un vero e proprio squilibrio nella chimica del cervello, che si accentuava nella visione, nel controllo motorio e nella regolazione di varie funzioni cerebrali, inclusa l’ansia.
Inoltre, gli adolescenti dipendenti avevano punteggi significativamente più alti in depressione, nervosismo ed insonnia.
Saranno necessari ulteriori studi per comprendere interamente i meccanismi e confermare i risultati ottenuti.
Ma la buona notizia è che la terapia comportamentale cognitiva abbia funzionato appieno. Infatti, per tutti i soggetti coinvolti, questa forma di assuefazione è significativamente diminuita o si è normalizzata.
Questo ci fa sperare che si riesca finalmente a mettere un freno alla prevaricazione dell’era tecnologica sui valori e i sentimenti degli esseri umani.